

Francesca Polo
Counselor, formatrice, editrice
Telefono:
328 7699653
Email:
Luoghi in cui ricevo:
Milano - Via M. Macchi 44 (MM3 Centrale, MM2 Caiazzo)
Gavirate (VA) - zona Armino (vicino Stazione FS Gavirate)
Mezzana Mortigliengo (BI) - Frazione Mino
Esperienze formative e professionali
Novembre 2019 - ad oggi
Gennaio 2006 - ad oggi
Novembre 1995 - ad oggi
Mi appassiona tutto quello che riguarda la crescita interiore, quindi continuo a studiare, frequentare corsi, tenermi aggiornata sul counseling, sulla gestione dei conflitti, sul coaching. Dal 2019 ho iniziato il Programma SAT, percorso di autoconoscenza ideato da Claudio Naranjo e basato sull'Enneagramma.
Nel 2006 scopro il counseling e me ne innamoro; innanzitutto come strumento per accogliere e fare progetti sociali nel mondo dell'associazionismo, poi come libera professionista, proponendo percorsi di crescita individuali e di gruppo. Dal 2013 sono la direttrice didattica della formazione triennale in Counseling dell'Associazione ArKa.
Fondo, insieme a Mariagrazia Cassalia, la casa editrice IL DITO E LA LUNA, con cui ancora oggi pubblico narrativa e saggistica a tematica femminista e LGBT; sto progettando pubblicazioni sul cambiamento e sulla crescita personale.
Qualcos'altro su di me
Sono una counselor e un’editrice.
Come counselor mi occupo prevalentemente di conduzione di gruppi di crescita e di formazione, con particolare focus sulla gestione dei conflitti, la progettazione sociale, la scrittura consapevole e creativa.
Come editrice pubblico libri di narrativa e saggistica, di cui curo tutte le fasi, dalla relazione con gli autori all’editing e alla stampa.
La mia vita (professionale e non) ruota da sempre intorno ad alcune parole-chiave.
Scrittura
Ho sempre amato scrivere.
Da ragazzina sognavo di diventare famosa, magari vincendo un oscar per la sceneggiatura di un film acclamato dal pubblico e dalla critica (avrei così unito due passioni: la scrittura e il cinema).
Evidentemente questo (per ora) non è successo. Tuttavia la scrittura ha avuto un ruolo ancora più importante: mi ha sempre aiutata nei momenti difficili.
Da adolescente è stato lo strumento con cui inventare mondi più felici di quello in cui vivevo e per poter esprimere difficoltà e fatiche che a voce erano inesprimibili; e anche adesso, da adulta, la scrittura è il mezzo con cui metto ordine ai pensieri, do un senso a quello che mi succede; la uso per trovare lo spazio e il tempo per contattare, osservare e comprendere le emozioni che faccio fatica a decifrare.
A volte quello che scrivo è molto realistico e concreto, e prende la forma del diario, dell’appunto legato a qualche accadimento, poco importa se interiore o esteriore.
Altre volte invece appare un personaggio e via via anche una storia narrata da una voce che non è la mia, e allora quello che scrivo ha la forma di un racconto, che apparentemente non ha nulla a che fare con me e che solo rileggendolo più tardi mi svela pensieri che non sapevo di pensare o emozioni che non sapevo di provare.
Narrazione
Il ‘raccontare storie’ è quello che lega la mia attività di editrice a quella di counselor.
Per i libri è logico. Sia che si tratti di fiction che di saggistica, c’è sempre una storia che viene raccontata, e poco importa se è quella di un personaggio inventato o reale, oppure di un movimento o di una particolare idea o disciplina: in tutti i casi ci sono uno o più protagonisti, una struttura narrativa, un intreccio, un inizio, una fine e – due cose importantissime – un problema che dà avvio alla storia e un cambiamento che la conclude.
Anche la mia attività di counselor riguarda il ‘raccontare storie’: infatti il mio ruolo è quello di ascoltare la storia che le persone che si rivolgono a me mi vogliono raccontare (di solito riguarda qualche difficoltà che stanno incontrando in quel momento nella propria vita personale o professionale) e di aiutarle a dare un senso a quella storia (per esempio comprendere come hanno fatto ad arrivare a vivere la difficoltà che stanno vivendo) o a raccontare quella stessa storia in un modo diverso, in un modo che sia maggiormente costruttivo ed evolutivo.
In entrambi i casi il mio ruolo è di aiutare le persone a trasformare, attraverso il racconto, il problema con cui arrivano da me in un’occasione per ritrovare talenti, qualità, risorse che non sapevano di avere o pensavano fossero poco importanti. In una parola, le aiuto ad attivare un cambiamento. Quindi anche qui, come con i libri, io lavoro con un problema e un cambiamento.
Cambiamento
Ho fatto tanti lavori nella mia vita: sono stata praticante in uno studio legale e sono stata a un passo dal diventare avvocata, ho fondato una casa editrice, ho gestito due pub, ho contribuito a costituire un’associazione che si occupa di diritti civili e un’altra che è una scuola di counseling.
Apparentemente tante strade diverse e lontane tra loro per contenuti e obiettivi; in realtà tutte contemplavano due attività che ne sono state il filo conduttore: ascoltare le persone, soprattutto quando erano in difficoltà, e aiutarle a narrare la propria storia.
E nei miei vari lavori (e nelle esperienze di associazionismo e volontariato) ho sempre più affinato queste due attività.
All’inizio la spinta, anche abbastanza inconsapevole, era il bisogno di condividere un vissuto di solitudine ed estraneità.
Sono stata un’adolescente lesbica nei lontani anni ’80 del secolo scorso e quindi il pensiero di essere “l’unica al mondo” mi ha accompagnata per tanti anni. Ed essendo l’unica al mondo mi era facile entrare in risonanza e in empatia con altre forme di solitudine ed estraneità.
Se all’inizio, da aspirante avvocata o poi da dietro il bancone di un pub, l’attività di ascoltare e invitare al racconto di sé era qualcosa che semplicemente veniva dal cuore, con quella capacità genuina e spontanea di immedesimarmi nelle preoccupazioni altrui e con la voglia di portare un po’ di sollievo, piano piano è diventata una pratica intenzionale.
Infatti, quando ho scoperto che c’erano altre persone che avevano storie simili alla mia, per me è stato immediato il pensiero che quelle storie avrebbero dovuto essere immediatamente raccolte, divulgate, condivise, affinché nessuna (e nessuno) potesse mai più pensare di essere l’unica al mondo.
Così è nato il primo pub, poi una rivista in autoproduzione, poi la casa editrice (fondata insieme alla mia prima fidanzata, cambiamento epocale nella mia biografia personale!) e nello stesso periodo è nata l’associazione che si occupa di diritti civili, il tutto con l’intento di creare, grazie alle storie di lesbiche e gay, un cambiamento culturale e sociale.
A quel punto è arrivata poi anche la formazione in counseling, che mi è servita sia per avere maggiori strumenti per ascoltare e aiutare le persone e sia per rendere ancora più preciso, efficace e puntuale il mio agire per attivare dei cambiamenti nella mia vita e in quella delle persone che mi circondano, fino a farla diventare una pratica professionale. Oggi infatti propongo percorsi di crescita personale individuali e di gruppo e conduco di gruppi di formazione.
Conflitto
Per ogni cambiamento è sempre necessaria una spinta: che sia un’insoddisfazione, una curiosità, una mancanza o un desiderio, il cambiamento richiede una ricerca.
Nella fiction – nei romanzi, nei film – è l’espediente che dà inizio alla storia, è il motivo per cui il protagonista si lancia nell’avventura. Il termine tecnico è “conflitto narrativo”.
E’ così che ho imparato a guardare i momenti di crisi che ho vissuto (dall’essere l’unica al mondo a tutte quelle piccole grandi sofferenze che costellano la vita di tutti, come separazioni, trasferimenti, relazioni difficili, ecc ecc): tutti “conflitti narrativi”, tutte occasioni attraverso cui imparare cose di me e crescere, migliorarmi.
Ed è così che accompagno le persone che si rivolgono a me: le aiuto a raccontarsi e a individuare il conflitto narrativo della storia che stanno raccontando (come counselor chiedo “qual è davvero il problema?”), per poter partire da lì a guardare le cose da un altro punto di vista, a immaginare la trasformazione che desiderano e quindi a individuare i passi concreti per poterla realizzare.
E tratto così anche i conflitti veri e propri: controversie, litigi, contrasti, vertenze, divergenze… Tanti sinonimi per dire che ci sono modi diversi di intendere le cose.
Ho imparato a osservarli (sì, anche se sono “una delle parti in causa”, cerco di mettere un po’ di distanza e di guardarli da fuori), a cercare di capire cosa sta succedendo (dentro di me, nelle altre persone coinvolte, nella situazione), a stare nella fiducia che si tratta anche qui di un’occasione per conoscermi meglio, crescere e migliorarmi.
E ho imparato ad aiutare le persone a fare altrettanto: infatti saper stare nei conflitti e viverli come un’occasione di crescita è un insieme di pratiche che si possono trasmettere e si possono apprendere. E questa è una bellissima notizia.
Scrittura e riscrittura
E qui si chiude il cerchio. In tutto quello che faccio, sia nella mia vita privata che nella mia professione, la scrittura ha uno spazio importante. La uso per me e con le persone che accompagno nei loro viaggi di crescita e di trasformazione.
E come per scrivere un buon racconto non basta la prima stesura e occorre invece riscrivere più volte, così per la propria storia personale è importante saperla raccontare in modi diversi, e man mano rivederla, ripensarla, aggiornarla e "riscriverla".